Sono un consulente aziendale, un coach e un consulente filosofico. Mi occupo di persone e organizzazioni. Qui scrivo di come cambiare le une e le altre. In particolare, ma non solo, con le pratiche filosofiche. Perchè, come dice Wittgenstein, "compito della filosofia è mostrare alla mosca come uscire dalla bottiglia". E... giusto per essere chiari: qui le mosche siamo noi. Per chi desidera scrivermi c'è l'e-mail paolo.cervari@gmail.com, mentre per saperne di più su ciò che faccio c'è www.cervari-consulting.com.

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domenica 30 giugno 2013

La Dea e il cambiamento

"La Dea Universale, la Madre del Mondo, è, tra le grandi divinità tutelari conosciute dai miti di tutto il mondo, una delle più antiche e dotata del respiro più ampio. E' rappresentata ovunque in santuari (....); essa fu conosciuta dalle culture del Mediterraneo sotto vari nomi - Cibele, Iside, Ishtar, Astarte, Diana; era la Magna Mater."
Così dice Heinrich Zimmer, nel suo splendido Il re e il cadavere (Adelphi) richiamandosi a una serie di studi ed indagini tra cui primeggia a mio avviso quella di Robert Graves, La Dea Bianca (sempre Adelphi, è genere adatto all'editore). Ma al di là di qualsiasi ripescaggio più o meno erudito o neoromantico di antichi miti che furono, considerando che forse oggi il mito ha ancora qualcosa da dirci nella misura in cui si occupa di quelle questioni che James Joyce riteneva "gravi e serie", ovvero, preciso io, quelle a cui non c'è risposta al livello della decidibilità propria alla logica del terzo escluso e del principio di non contraddizione (che non sono la stessa cosa), credo che le parole più interessanti Zimmer le dica una pagina più avanti: "Sembra che il nocciolo del mito della Dea sia questo: a nessuno è permesso di rimanere a lungo quello che è".
E' proprio il caso di dirlo: sante parole.

Mito e sviluppo personale

“Ammiro molto lo psicologo Abraham Maslow; tuttavia, in uno dei suoi libri, ho trovato una specie di scheda di valori per i quali le persone vivono, definiti sulla base di una serie di esperimenti psicologici. Tali valori sono: sopravvivenza, sicurezza, relazioni personali, prestigio, sviluppo personale. Mi sentivo così strano, a leggerla, senza capirne la ragione… finché non ho capito che questi sono esattamente i valori che la Mitologia trascende.
La sopravvivenza, le relazioni personali, il prestigio, lo sviluppo personale, nella mia esperienza, sono esattamente i valori per cui una persona ispirata dal proprio Mito non vive. Essi hanno a che fare con gli aspetti biologici compresi dalla coscienza. La Mitologia inizia là dove parte la follia. Una persona davvero dedicata ad una chiamata, ad una missione, ad un credo, sacrificherà la propria sicurezza, persino la vita, le relazioni personali, il prestigio, non penserà neanche al proprio sviluppo personale; si abbandonerà completamente al proprio Mito.
I cinque valori di Maslow sono i valori per cui vive chi non ha nulla per cui vivere."

Sono parole di Joseph Campbell, il celebre autore di "Le Maschere di Dio" (The Masks of God, 1959-1968) di cui consiglio vivamente la lettura a chiunque sia interessato a capire quali sono le cose che noi esseri umani abbiamo tutti in comune (è tradotto in Italia da Mondadori). Di mio solo una piccola aggiunta: Campbell non rileva, per lo meno qui (non riesco a ritrovare la fonte, credo sia L'eroe dai mille volti)  che  ciò che limita il pensiero di Maslow è l'approccio individualista. Il mito ci collega a ciò che non siamo (e dunque siamo), a ciò che lui chiama follia e che per me altro non è che la partecipazione che ci lega gli uni agli altri (il che ha in effetti a che fare con la follia: come diceva Mallarmè "Io è un altro", che sia detto con ironica umiltà, fu il titolo della mia tesi di laurea). Inoltre, a completamento, invito a chiedersi cosa c'entri con tutto questo questa massima di Martin L. King, che riprende a sua volta una lunga tradizione sapienziale, etica, civile, politica e filosofica: "Se un uomo non scopre ciò per cui può morire, non sa vivere".