Sono un consulente aziendale, un coach e un consulente filosofico. Mi occupo di persone e organizzazioni. Qui scrivo di come cambiare le une e le altre. In particolare, ma non solo, con le pratiche filosofiche. Perchè, come dice Wittgenstein, "compito della filosofia è mostrare alla mosca come uscire dalla bottiglia". E... giusto per essere chiari: qui le mosche siamo noi. Per chi desidera scrivermi c'è l'e-mail paolo.cervari@gmail.com, mentre per saperne di più su ciò che faccio c'è www.cervari-consulting.com.

Cerca nel blog e nei links

sabato 30 novembre 2013

La diva Julia è vera

"Roger dice che non esistiamo. Macché, solo noi esistiamo davvero. Loro sono le ombre a cui noi diamo sostanza. Siamo i simboli di tutto questo trambusto vano e confuso che chiamano vita, e solo il simbolo è reale. Dicono che recitare è soltanto finzione. Questa finzione è la sola realtà."

E' la pagina finale di La diva Julia di Somerset Maugham, grandissimo scrittore, e mi pare interessante perché mostra come la dialettica tra realtà e finzione sia complessa e paradossale. La vita "vera" quella dei personaggi non attori, è in realtà vana e confusa e solo la finzione degli attori sul palcoscenico, l'arte, è vera realtà. "Solo il simbolo è reale" dice Maugham per bocca di Julia, che è molto più perspicace di lui, il quale una riga dopo si precipita a filosofeggiare dicendo di lei che ha reinventato "di testa propria la teoria platonica delle idee". La teoria di Julia non è per nulla platonica. Se mai nietzscheana, forse, e comunque diversa da quella di Platone perché le ombre vane e confuse non sono riflessi delle splendide idee reali. Ne sono invece l'origine. L'arte, il linguaggio, il simbolo danno forma a qualcosa che c'è già e che loro prendono in carico, con una certa protervia e violenza, per portarlo a intelleggibilità.La finzione degli attori resta tale, non è la realtà più vera: "Tutto il mondo è teatro" dice, anzi pensa, poco prima Julia, "e uomini e donne solo commedianti". Insomma incipit coemedia, come mi pare citasse appunto Nietzsche riferendosi a Dante Alighieri. Una commedia divina, come divina è la diva Julia....

domenica 17 novembre 2013

L'intuizione va per forme e movimenti

"A una bambina di dieci anni, naturalmente, non era facile spiegare la teoria che stava alla base di una simile contrapposizione. Lei non capiva nemmeno la differenza tra rivoluzione e pace. Le sembrava solo che la rivoluzione fosse un modo di pensare appuntito, e che invece la pace avesse una forma arrotondata. I due modi di pensare, infatti, avevano forma e colore. E come la luna, diventavano pieni e calavano. Quella, più o meno, era l'idea che si era fatta sulla differenza tra pace e rivoluzione".

 Sono parole di Murakami (1Q84, pp 648/9) ed esprimono benissimo quello che ho inteso con altro post sul concetto di intuizione. Non è una facoltà misteriosa, ma una facoltà antica (sia in senso filogenetico che ontogenetico) e orientata a "farsi un'idea" prima di avere padroneggiato (come crediamo di sapere fare) il concetto. In realtà tutti i nostri concetti sono un miscuglio di queste "intuizioni" e altri elementi (forse, non sono sicuro che vi sia altro) e come il brano esprime bene, siamo qui nel dominio della metafora, per lo meno nel senso in cui la intende Lakoff, al cui proposito e in particolare al suo libro "Da dove viene la matematica. Come la mente embodied dà origine alla matematica" (2005) vi posso rimandare a questo bel post di Mario Esposito. Che è un'ulteriore conferma di quanto penso e ripenso da un po': così come ci dicono molti studi sull'empatia (su cui ho scritto qualche cosa, tra cui una parte di un libro, per maggiori informazioni potete andare qui) tutto si basa sul movimento. 

domenica 3 novembre 2013

Coaching e team coaching

E' un intervento fatto al convegno l'Altra Formazione il 3 Ottobre 2013. E' utile per capire cosa faccio sia in aula che nel coaching.  

Non c'è metalinguaggio

Il titolo cita una celebre frase di Lacan che il video illustra in modo intelligente e spassoso: la comicità può essere filosofica e i giochi di "dentro e fuori la cornice" lo sono sempre (basti pensare ai libri di Lewis Carrol), almeno per me che ho sempre sghignazzzato di gusto nel leggere L'Uomo senza qualità. Faccio notare soltanto che in questo sketch non si capisce quando si inizia e quando si finisce e che le regole che definiscono ciò che il monologo è e ciò che non lo è vengono continuamente riscritte, tradite, fraintese. Come sempre, come normalmente: Bateson diceva che non si può dire "ferma il gioco è finito" se non a rischio di fallire... ma mi fermo qui, perché su questo tema ci sarebbe  da dire molto di più. Godetevi la scenetta e consideratela una versione drammatizzata e sotto mentite spoglie della famosa "classe di tutte le classi che non comprendono se stesse".