Sono un consulente aziendale, un coach e un consulente filosofico. Mi occupo di persone e organizzazioni. Qui scrivo di come cambiare le une e le altre. In particolare, ma non solo, con le pratiche filosofiche. Perchè, come dice Wittgenstein, "compito della filosofia è mostrare alla mosca come uscire dalla bottiglia". E... giusto per essere chiari: qui le mosche siamo noi. Per chi desidera scrivermi c'è l'e-mail paolo.cervari@gmail.com, mentre per saperne di più su ciò che faccio c'è www.cervari-consulting.com.

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mercoledì 7 settembre 2011

Animali storici

Ryszard Kapuscinski (chiedo venia per le lettere slave storpiate) nel suo bellissimo Nel turbine della storia (Feltrinelli) dice a un certo punto del primo articolo della raccolta "che tre sono i principali pericoli che minacciano la memoria. Il primo è l'enorme sviluppo dei supporti di memoria", il secondo, continua Kapuscinski, è "l'eccesso di dati", il terzo "é la grande accelerazione dei processi storici" per cui "abbiamo perso il senso della stabilità e della familiarità col mondo".
Ciò che mi piace di questo grande giornalista è che pensa con la sua testa e si esprime senza giri di parole, in pratica ci dice: le cose sono sempre di più, le registrazioni pure e i supporti di memoria, ovvero le esternalizzazioni della nostra mente, sempre più potenti. Fine della memoria dunque? Ma non lo si è detto anche alla comparsa della scrittura? I somali trent'anni fa sapevano all'incirca 100 numeri di telefono e i popoli senza scrittura avevano una memoria prodigiosa... Credo che la questione non stia in questi termini. Credo che la memoria cambi nel tempo procedure, supporti, modalità di registrazione e quindi anche di gestione, modo di produzione e qualità. Insomma da un periodo storico all'altro di regola non è più la stessa e io per esempio, oggi, non mi ricordo più, a differenza di decenni fa, dati bruti, ma se mai indicatori e processi per trovarli o combinarli o produrli. Da sempre la tecnologia che, secondo Leroi Gourhan, esternalizza facoltà prima precipuamente umane (dalla mano alla zappa, dall'unghiata alla freccia, dal ricordo alla scrittura e al chip), ci sottrae la padronanza delle stesse per aprirci, in compenso, nuove possibilità e nuovi mondi. E bene fa Kapunscinski a ravvisare pericoli per la memoria, ovvero, per meglio dire, trasformazioni.
Ma non credo che l'esito sarà la distruzione della memoria, così come il cavallo e l'automobile non ci hanno privato dell'uso delle gambe, ma semmai aperto il varco allo sport e alla palestra. Piuttosto credo che la questione stia nella trasformazione in atto dei meccanismi di narrazione, di tramandamento e di tradizione, ovvero di storicizzazione. Che stanno cambiando profondamente. Come? Questa mi sembra una buona domanda.... Anche perchè la storia è a mio parere una dimensione propria, specifica e imprescindibile dell'umanità. Come dire: se siamo animali politici è anche perchè siamo animali storici. O no? Possiamo essere non storici?